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«All’avvio della mia attività di collezionista, ho cercato di raccogliere tutte le etichette da vino con la sola limitazione che fossero da vino d’uva.
La mia maggiore attenzione, però, è sempre stata rivolta alle etichette antiche oppure di qualche interesse storico o geografico.
Quando la collezione è stata affidata al Comune di Barolo e alla Barolo & Castles Foundation, è parso pertanto naturale ispirare a tale premessa la selezione degli esemplari da proporre nella prima esposizione temporanea della collezione». Prof. Cesare Baroni Urbani
Se l’etichetta è un piccolo, delicato testimone di un determinato luogo e del suo tempo, alcune di quelle qui proposte documentano casi curiosi, come ad esempio quello dell’etichetta di un vino del 1775 stampata con una tecnica inventata oltre vent’anni dopo.
Altre ripongono il loro valore documentale nell’essere testimoni di precisi momenti storici, come le etichette di Champagne su cui campeggiano le sovrastampe delle rispettive requisizioni operate dalla Wehrmacht e dalle Forze Alleate durante la Seconda Guerra Mondiale. O gli esemplari provenienti dal KwaNdebele nel breve arco della sua esistenza come stato semi-indipendente. O quella dedicata alla guerra nelle Falklands – punto di vista dei vincitori.
Alcune etichette sono preziose per la loro rarità. È il caso del Domaine de la Romanée-Conti: produzione da 450 casse l’anno e fermo rifiuto ad assecondare le richieste dei collezionisti, a cui non resta che comperare la bottiglia. Ma è anche il caso di quelle che arrivano da paesi dalla tradizione enoica decisamente debole, come la Norvegia. Il contesto giustifica una certa fierezza: così le opere di Edvard Munch campeggiano riprodotte sul Pinot Nero, oggi introvabile, prodotto nella vigna probabilmente più settentrionale del mondo.
Altre hanno il loro pregio nell’antichità, come ad esempio i fogli di stampa con più etichette per la più antica casa vinicola della Borgogna. Più di un dato fa ragionevolmente supporre che sia la più antica etichetta da vino stampata su carta tuttora conservata.
L’etichetta riflette e racconta il contesto culturale: se ne ha un esempio in quelle ottocentesche di Champagne, decorate con elefanti perché destinate alla vendita ai maragià indiani. Ma anche in quella che veste un vino kosher degli anni Trenta/Quaranta per ebrei ortodossi dello Stato di New York.